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Pagina corrente: LEGGE 1 febbraio 2006, n.43
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La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
ART. 1.
(Definizione).
1. Sono professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica,
riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, quelle previste
ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del decreto del
Ministro della sanita’ 29 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2001, i cui operatori svolgono, in
forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attivita’ di
prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione.
2. Resta ferma la competenza delle regioni nell’individuazione e
formazione dei profili di operatori di interesse sanitario non
riconducibili alle professioni sanitarie come definite dal comma 1.
3. Le norme della presente legge si applicano alle regioni a statuto
speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in quanto
compatibili con i rispettivi statuti speciali e le relative norme di
attuazione.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e’ stato redatto
dall’amministrazione competente per materia, ai sensi
dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092,
al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di
legge modificate o alle quali e’ operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Note all’art. 1:
- La legge 10 agosto 2000, n. 251 recita: «Disciplina
delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche
della riabilitazione, della prevenzione nonche’ della
professione ostetrica.».
- Il decreto del Ministro della sanita’ 29 marzo 2001,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio
2001, reca: «Definizione delle figure professionali di cui
all’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni, da includere
nelle fattispecie previste dagli articoli 1, 2, 3 e 4,
della legge 10 agosto 2000, n. 251 (art. 6, comma 1, legge
n. 251/2000).».
ART. 2.
(Requisiti).
1. L’esercizio delle professioni sanitarie di cui all’articolo 1,
comma 1, e’ subordinato al conseguimento del titolo universitario
rilasciato a seguito di esame finale con valore abilitante
all’esercizio della professione. Tale titolo universitario e’
definito ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera c), e’ valido
sull’intero territorio nazionale nel rispetto della normativa europea
in materia di libera circolazione delle professioni ed e’ rilasciato
a seguito di un percorso formativo da svolgersi in tutto o in parte
presso le aziende e le strutture del Servizio sanitario nazionale,
inclusi gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico
(IRCCS), individuate dalle regioni, sulla base di appositi protocolli
d’intesa tra le stesse e le universita’, stipulati ai sensi
dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502, e successive modificazioni. Fermo restando il titolo
universitario abilitante, il personale del servizio sanitario
militare, nonche’ quello addetto al comparto sanitario del Corpo
della guardia di finanza, puo’ svolgere il percorso formativo presso
le strutture del servizio stesso, individuate con decreto del
Ministro della salute, che garantisce la completezza del percorso
formativo. Per il personale addetto al settore sanitario della
Polizia di Stato, alle medesime condizioni, il percorso formativo
puo’ essere svolto presso le stesse strutture della Polizia di Stato,
individuate con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il
Ministro della salute, che garantisce la completezza del percorso
formativo.
2. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea di cui al comma 1
sono definiti con uno o piu’ decreti del Ministro dell’istruzione,
dell’universita’ e della ricerca, di concerto con il Ministro della
salute, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 17, comma 95,
della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni.
L’esame di laurea ha valore di esame di Stato abilitante
all’esercizio della professione. Dall’applicazione delle disposizioni
di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica. Le universita’ possono procedere alle
eventuali modificazioni dell’organizzazione didattica dei corsi di
laurea gia’ esistenti, ovvero all’istituzione di nuovi corsi di
laurea, nei limiti delle risorse a tal fine disponibili nei
rispettivi bilanci.
3. L’iscrizione all’albo professionale e’ obbligatoria anche per i
pubblici dipendenti ed e’ subordinata al conseguimento del titolo
universitario abilitante di cui al comma 1, salvaguardando comunque
il valore abilitante dei titoli gia’ riconosciuti come tali alla data
di entrata in vigore della presente legge.
4. L’aggiornamento professionale e’ effettuato secondo modalita’
identiche a quelle previste per la professione medica.
5. All’articolo 3-bis, comma 3, lettera b), del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:
“, ovvero espletamento del mandato parlamentare di senatore o
deputato della Repubblica nonche’ di consigliere regionale”.
6. All’articolo 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502, dopo il comma 2 e’ aggiunto il seguente:
“2-bis. I laureati in medicina e chirurgia e gli altri operatori
delle professioni sanitarie, obbligati ai programmi di formazione
continua di cui ai commi 1 e 2, sono esonerati da tale attivita’
formativa limitatamente al periodo di espletamento del mandato
parlamentare di senatore o deputato della Repubblica nonche’ di
consigliere regionale”.
Note all’art. 2:
- Il comma 3 dell’art. 6 del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni
(Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) reca:
«Art. 6 (Rapporti tra Servizio sanitario nazionale e
Universita). – 1.-2. (Omissis).
3. A norma dell’art. 1, lettera o), della legge
23 ottobre 1992, n. 421, la formazione del personale
sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione
avviene in sede ospedaliera ovvero presso altre strutture
del Servizio sanitario nazionale e istituzioni private
accreditate. I requisiti di idoneita’ e l’accreditamento
delle strutture sono disciplinati con decreto del Ministro
dell’universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica
d’intesa con il Ministro della sanita’. Il Ministro della
sanita’ individua con proprio decreto le figure
professionali da formare ed i relativi profili. Il relativo
ordinamento didattico e’ definito, ai sensi dell’art. 9
della legge 19 novembre 1990, n. 341, con decreto del
Ministro dell’universita’ e della ricerca scientifica e
tecnologica emanato di concerto con il Ministro della
sanita’. Per tali finalita’ le regioni e le universita’
attivano appositi protocolli di intesa per l’espletamento
dei corsi di cui all’art. 2 della legge 19 novembre 1990,
n. 341. La titolarita’ dei corsi di insegnamento previsti
dall’ordinamento didattico universitario e’ affidata di
norma a personale del ruolo sanitario dipendente dalle
strutture presso le quali si svolge la formazione stessa,
in possesso dei requisiti previsti. I rapporti in
attuazione delle predette intese sono regolati con appositi
accordi tra le universita’, le aziende ospedaliere, le
unita’ sanitarie locali, le istituzioni pubbliche e private
accreditate e gli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico. I diplomi conseguiti sono rilasciati a firma
del responsabile del corso e del rettore dell’universita’
competente. L’esame finale, che consiste in una prova
scritta ed in una prova pratica, abilita all’esercizio
professionale. Nelle commissioni di esame e’ assicurata la
presenza di rappresentanti dei collegi professionali, ove
costituiti. I corsi di studio relativi alle figure
professionali individuate ai sensi del presente articolo e
previsti dal precedente ordinamento che non siano stati
riordinati ai sensi del citato art. 9 della legge
19 novembre 1990, n. 341, sono soppressi entro due anni a
decorrere dal 1° gennaio 1994, garantendo, comunque, il
completamento degli studi agli studenti che si iscrivono
entro il predetto termine al primo anno di corso. A
decorrere dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, per l’accesso alle scuole ed ai corsi disciplinati
dal precedente ordinamento e’ in ogni caso richiesto il
possesso di un diploma di scuola secondaria superiore di
secondo grado di durata quinquennale. Alle scuole ed ai
corsi disciplinati dal precedente ordinamento e per il
predetto periodo temporale possono accedere gli aspiranti
che abbiano superato il primo biennio di scuola secondaria
superiore per i posti che non dovessero essere coperti dai
soggetti in possesso del diploma di scuola secondaria
superiore di secondo grado.».
- Il comma 95 dell’art. 17 della legge 15 maggio 1997,
n. 127, e successive modificazioni (Misure urgenti per lo
snellimento dell’attivita’ amministrativa e dei
procedimenti di decisione e di controllo) reca:
«Art. 17 (Ulteriori disposizioni in materia di
semplificazione dell’attivita’ amministrativa e di
snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo).
- (Omissis).
95. L’ordinamento degli studi dei corsi universitari,
con esclusione del dottorato di ricerca, e’ disciplinato
dagli atenei, con le modalita’ di cui all’art. 11, commi 1
e 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, in conformita’ a
criteri generali definiti, nel rispetto della normativa
comunitaria vigente in materia, sentiti il Consiglio
universitario nazionale e le Commissioni parlamentari
competenti, con uno o piu’ decreti del Ministro
dell’universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica,
di concerto con altri Ministri interessati, limitatamente
ai criteri relativi agli ordinamenti per i quali il
medesimo concerto e’ previsto alla data di entrata in
vigore della presente legge, ovvero da disposizioni dei
commi da 96 a 119 del presente articolo. I decreti di cui
al presente comma determinano altresi’:
a) con riferimento ai corsi di cui al presente comma,
accorpati per aree omogenee, la durata, anche eventualmente
comprensiva del percorso formativo gia’ svolto, l’eventuale
serialita’ dei predetti corsi e dei relativi titoli, gli
obiettivi formativi qualificanti, tenendo conto degli
sbocchi occupazionali e della spendibilita’ a livello
internazionale, nonche’ la previsione di nuove tipologie di
corsi e di titoli universitari, in aggiunta o in
sostituzione a quelli determinati dagli articoli 1, 2, 3,
comma 1 e 4, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341,
anche modificando gli ordinamenti e la durata di quelli di
cui al decreto legislativo 8 maggio 1998, n. 178, in
corrispondenza di attivita’ didattiche di base,
specialistiche, di perfezionamento scientifico, di alta
formazione permanente e ricorrente;
b) modalita’ e strumenti per l’orientamento e per
favorire la mobilita’ degli studenti, nonche’ la piu’ ampia
informazione sugli ordinamenti degli studi, anche
attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e
telematici;
c) modalita’ di attivazione da parte di universita’
italiane, in collaborazione con atenei stranieri, dei corsi
universitari di cui al presente comma, nonche’ di dottorati
di ricerca, anche in deroga alle disposizioni di cui al
Capo II del Titolo III del decreto del Presidente della
Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.».
- Il comma 3, lettera b), dell’art. 3-bis del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dalla
presente legge, e’ il seguente:
«3. Gli aspiranti devono essere in possesso dei
seguenti requisiti:
a) diploma di laurea;
b) esperienza almeno quinquennale di direzione
tecnica o amministrativa in enti, aziende, strutture
pubbliche o private, in posizione dirigenziale con
autonomia gestionale e diretta responsabilita’ delle
risorse umane, tecniche o finanziarie, svolta nei dieci
anni precedenti la pubblicazione dell’avviso, ovvero
espletamento del mandato parlamentare di senatore o
deputato della Repubblica nonche’ di consigliere
regionale.».
- L’art. 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, come modificato dalla presente legge, e’ il
seguente:
«Art. 16-bis (Formazione continua). – 1. Ai sensi del
presente decreto, la formazione continua comprende
l’aggiornamento professionale e la formazione permanente.
L’aggiornamento professionale e’ l’attivita’ successiva al
corso di diploma, laurea, specializzazione, formazione
complementare, formazione specifica in medicina generale,
diretta ad adeguare per tutto l’arco della vita
professionale le conoscenze professionali. La formazione
permanente comprende le attivita’ finalizzate a migliorare
le competenze e le abilita’ cliniche, tecniche e
manageriali e i comportamenti degli operatori sanitari al
progresso scientifico e tecnologico con l’obiettivo di
garantire efficacia, appropriatezza, sicurezza ed
efficienza alla assistenza prestata dal Servizio sanitario
nazionale.
2. La formazione continua consiste in attivita’ di
qualificazione specifica per i diversi profili
professionali, attraverso la partecipazione a corsi,
convegni, seminari, organizzati da istituzioni pubbliche o
private accreditate ai sensi del presente decreto, nonche’
soggiorni di studio e la partecipazione a studi clinici
controllati e ad attivita’ di ricerca, di sperimentazione e
di sviluppo. La formazione continua di cui al comma 1 e’
sviluppata sia secondo percorsi formativi autogestiti sia,
in misura prevalente, in programmi finalizzati agli
obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale e del
Piano sanitario regionale nelle forme e secondo le
modalita’ indicate dalla Commissione di cui all’art.
16-ter.
2-bis. I laureati in medicina e chirurgia e gli altri
operatori delle professioni sanitarie, obbligati ai
programmi di formazione continua di cui ai commi 1 e 2,
sono esonerati da tale attivita’ formativa limitatamente al
periodo di espletamento del mandato parlamentare di
senatore o deputato della Repubblica nonche’ di consigliere
regionale.».
ART. 3.
(Istituzione degli ordini delle professioni sanitarie).
1. In ossequio all’articolo 32 della Costituzione e in conseguenza
del riordino normativo delle professioni sanitarie avviato, in
attuazione dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, dal
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dal decreto legislativo
7 dicembre 1993, n. 517, e dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n.
229, nonche’ delle riforme degli ordinamenti didattici adottate dal
Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, al fine
di adeguare il livello culturale, deontologico e professionale degli
esercenti le professioni in ambito sanitario a quello garantito negli
Stati membri dell’Unione europea, la presente legge regolamenta le
professioni sanitarie di cui all’articolo 1, nel rispetto dei diversi
iter formativi, anche mediante l’istituzione dei rispettivi ordini ed
albi, ai quali devono accedere gli operatori delle professioni
sanitarie esistenti, nonche’ di quelle di nuova configurazione.
Note all’art. 3:
- L’art. 32 della Costituzione recita:
«Art. 32. – La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettivita’, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno puo’ essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La
legge non puo’ in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana.».
- L’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega
al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle
discipline in materia di sanita’, di pubblico impiego, di
previdenza e di finanza territoriale) reca:
«Art. 1 (Sanita). – 1. Ai fini della ottimale e
razionale utilizzazione delle risorse destinate al Servizio
sanitario nazionale, del perseguimento della migliore
efficienza del medesimo a garanzia del cittadino, di
equita’ distributiva e del contenimento della spesa
sanitaria, con riferimento all’art. 32 della Costituzione
assicurando a tutti i cittadini il libero accesso alle cure
e la gratuita’ del servizio nei limiti e secondo i criteri
previsti dalla normativa vigente in materia, il Governo
della Repubblica, sentita la Conferenza permanente per i
rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, e’ delegato ad emanare, entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o piu’ decreti legislativi con l’osservanza dei
seguenti principi e criteri direttivi:
a) riordinare la disciplina dei ticket e dei prelievi
contributivi, di cui all’art. 31 della legge 28 febbraio
1986, n. 41, e successive modificazioni ed integrazioni,
sulla base del principio dell’uguaglianza di trattamento
dei cittadini, anche attraverso l’unificazione
dell’aliquota contributiva, da rendere proporzionale entro
un livello massimo di reddito;
b) rafforzare le misure contro le evasioni e le
elusioni contributive e contro i comportamenti abusivi
nella utilizzazione dei servizi, anche attraverso
l’introduzione di limiti e modalita’ personalizzate di
fruizione delle esenzioni;
c) completare il riordinamento del Servizio sanitario
nazionale, attribuendo alle regioni e alle province
autonome la competenza in materia di programmazione e
organizzazione dell’assistenza sanitaria e riservando allo
Stato, in questa materia, la programmazione sanitaria
nazionale, la determinazione di livelli uniformi di
assistenza sanitaria e delle relative quote capitarie di
finanziamento, secondo misure tese al riequilibrio
territoriale e strutturale, d’intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano; ove tale intesa
non intervenga entro trenta giorni il Governo provvede
direttamente;
d) definire i principi organizzativi delle unita’
sanitarie locali come aziende infraregionali con
personalita’ giuridica, articolate secondo i principi della
legge 8 giugno 1990, n. 142, stabilendo comunque che esse
abbiano propri organi di gestione e prevedendo un direttore
generale e un collegio dei revisori i cui membri, ad
eccezione della rappresentanza del Ministero del tesoro,
devono essere scelti tra i revisori contabili iscritti
nell’apposito registro previsto dall’art. 1 del decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 88. La definizione,
nell’ambito della programmazione regionale, delle linee di
indirizzo per l’impostazione programmatica delle attivita’,
l’esame del bilancio di previsione e del conto consuntivo
con la remissione alla regione delle relative osservazioni,
le verifiche generali sull’andamento delle attivita’ per
eventuali osservazioni utili nella predisposizione di linee
di indirizzo per le ulteriori programmazioni sono
attribuiti al sindaco o alla conferenza dei sindaci ovvero
dei presidenti delle circoscrizioni di riferimento
territoriale. Il direttore generale, che deve essere in
possesso del diploma di laurea e di requisiti di comprovata
professionalita’ ed esperienza gestionale e organizzativa,
e’ nominato con scelta motivata dalla regione o dalla
provincia autonoma tra gli iscritti all’elenco nazionale da
istituire presso il Ministero della sanita’ ed e’ assunto
con contratto di diritto privato a termine; e’ coadiuvato
da un direttore amministrativo e da un direttore sanitario
in possesso dei medesimi requisiti soggettivi, assunti
anch’essi con contratto di diritto privato a termine, ed e’
assistito per le attivita’ tecnico-sanitarie da un
consiglio dei sanitari, composto da medici, in maggioranza,
e da altri sanitari laureati, nonche’ da una rappresentanza
dei servizi infermieristici e dei tecnici sanitari; per la
provincia autonoma di Bolzano e’ istituito apposito elenco
provinciale tenuto dalla stessa nel rispetto delle vigenti
disposizioni in materia di bilinguismo e riserva
proporzionale dei posti nel pubblico impiego; per la Valle
d’Aosta e’ istituito apposito elenco regionale tenuto dalla
regione stessa nel rispetto delle norme in materia di
bilinguismo;
e) ridurre il numero delle unita’ sanitarie locali,
attraverso un aumento della loro estensione territoriale,
tenendo conto delle specificita’ delle aree montane;
f) definire i principi relativi ai poteri di gestione
spettanti al direttore generale;
g) definire principi relativi ai livelli di
assistenza sanitaria uniformi e obbligatori, tenuto conto
della peculiarita’ della categoria di assistiti di cui
all’art. 37 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, espressi
per le attivita’ rivolte agli individui in termini di
prestazioni, stabilendo comunque l’individuazione della
soglia minima di riferimento, da garantire a tutti i
cittadini, e il parametro capitario di finanziamento da
assicurare alle regioni e alle province autonome per
l’organizzazione di detta assistenza, in coerenza con le
risorse stabilite dalla legge finanziaria;
h) emanare, per rendere piene ed effettive le
funzioni che vengono trasferite alle regioni e alle
province autonome, entro il 30 giugno 1993, norme per la
riforma del Ministero della sanita’ cui rimangono funzioni
di indirizzo e di coordinamento, nonche’ tutte le funzioni
attribuite dalle leggi dello Stato per la sanita’ pubblica.
Le stesse norme debbono prevedere altresi’ il riordino
dell’Istituto superiore di sanita’, dell’Istituto superiore
per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL)
nonche’ degli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico e degli istituti zooprofilattici. Dette norme
non devono comportare oneri a carico dello Stato;
i) prevedere l’attribuzione, a decorrere dal
1° gennaio 1993, alle regioni e alle province autonome dei
contributi per le prestazioni del Servizio sanitario
nazionale localmente riscossi con riferimento al domicilio
fiscale del contribuente e la contestuale riduzione del
Fondo sanitario nazionale di parte corrente di cui all’art.
51 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive
modificazioni; imputare alle regioni e alle province
autonome gli effetti finanziari per gli eventuali livelli
di assistenza sanitaria superiori a quelli uniformi, per le
dotazioni di presidi e di posti letto eccedenti gli
standard previsti e per gli eventuali disavanzi di gestione
da ripianare con totale esonero finanziario dello Stato; le
regioni e le province autonome potranno far fronte ai
predetti effetti finanziari con il proprio bilancio,
graduando l’esonero dai ticket, salvo restando l’esonero
totale dei farmaci salva-vita, variando in aumento entro il
limite del 6 per cento l’aliquota dei contributi al lordo
delle quote di contributo fiscalizzate per le prestazioni
del Servizio sanitario nazionale, ed entro il limite del 75
per cento l’aliquota dei tributi regionali vigenti;
stabilire le modalita’ ed i termini per la riscossione dei
prelievi contributivi;
l) introdurre norme volte, nell’arco di un triennio,
alla revisione e al superamento dell’attuale regime delle
convenzioni sulla base di criteri di integrazione con il
servizio pubblico, di incentivazione al contenimento dei
consumi sanitari, di valorizzazione del volontaniato, di
acquisizione delle prestazioni, da soggetti singoli o
consortili, secondo principi di qualita’ ed economicita’,
che consentano forme di assistenza differenziata per
tipologie di prestazioni, al fine di assicurare ai
cittadini migliore assistenza e liberta’ di scelta;
m) prevedere che con decreto interministeriale, da
emanarsi d’intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, siano individuate quote di risorse
disponibili per le forme di assistenza differenziata di cui
alla lettera l);
n) stabilire i criteri per le individuazioni degli
ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione,
compresi i policlinici universitari, e degli ospedali che
in ogni regione saranno destinati a centro di riferimento
della rete dei servizi di emergenza, ai quali attribuire
personalita’ giuridica e autonomia di bilancio,
finanziaria, gestionale e tecnica e prevedere, anche per
gli altri presidi delle unita’ sanitarie locali, che la
relativa gestione sia informata al principio dell’autonomia
economico-finanziaria e dei preventivi e consuntivi per
centri di costo, basato sulle prestazioni effettuate, con
appropriate forme di incentivazione per il potenziamento
dei servizi ospedalieri diurni e la deospedalizzazione dei
lungodegenti;
o) prevedere nuove modalita’ di rapporto tra Servizio
sanitario nazionale ed universita’ sulla base di principi
che, nel rispetto delle attribuzioni proprie
dell’universita’, regolino l’apporto all’attivita’
assistenziale delle facolta’ di medicina, secondo le
modalita’ stabilite dalla programmazione regionale in
analogia con quanto previsto, anche in termini di
finanziamento, per le strutture ospedaliere; nell’ambito di
tali modalita’ va peraltro regolamentato il rapporto tra
Servizio sanitario nazionale ed universita’ per la
formazione in ambito ospedaliero del personale sanitario e
per le specializzazioni post-laurea;
p) prevedere il trasferimento alle aziende
infraregionali e agli ospedali dotati di personalita’
giuridica e di autonomia organizzativa del patrimonio
mobiliare e immobiliare gia’ di proprieta’ dei disciolti
enti ospedalieri e mutualistici che alla data di entrata in
vigore della presente legge fa parte del patrimonio dei
comuni;
q) prevedere che il rapporto di lavoro del personale
dipendente sia disciplinato in base alle disposizioni
dell’art. 2 della presente legge, individuando in
particolare i livelli dirigenziali secondo criteri di
efficienza, di non incremento delle dotazioni organiche di
ciascuna delle attuali posizioni funzionali e di rigorosa
selezione negli accessi ai nuovi livelli dirigenziali cui
si perverra’ soltanto per pubblico concorso, configurando
il livello dirigenziale apicale, per quanto riguarda il
personale medico e per le altre professionalita’ sanitarie,
quale incarico da conferire a dipendenti forniti di nuova,
specifica idoneita’ nazionale all’esercizio delle funzioni
di direzione e rinnovabile, definendo le modalita’ di
accesso, le attribuzioni e le responsabilita’ del personale
dirigenziale, ivi incluse quelle relative al personale
medico, riguardo agli interventi preventivi, clinici,
diagnostici e terapeutici, e la regolamentazione delle
attivita’ di tirocinio e formazione di tutto il personale;
r) definire i principi per garantire i diritti dei
cittadini nei confronti del servizio sanitario anche
attraverso gli organismi di volontariato e di tutela dei
diritti, favorendo la presenza e l’attivita’ degli stessi
all’interno delle strutture e prevedendo modalita’ di
partecipazione e di verifica nella programmazione
dell’assistenza sanitaria e nella organizzazione dei
servizi. Restano salve le competenze ed attribuzioni delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome di
Trento e di Bolzano;
s) definire i principi ed i criteri per la
riorganizzazione, da parte delle regioni e province
autonome, su base dipartimentale, dei presidi multizonali
di prevenzione, di cui all’art. 22 della legge 23 dicembre
1978, n. 833, cui competono le funzioni di coordinamento
tecnico dei servizi delle unita’ sanitarie locali, nonche’
di consulenza e supporto in materia di prevenzione a
comuni, province o altre amministrazioni pubbliche ed al
Ministero dell’ambiente; prevedere che i servizi delle
unita’ sanitarie locali, cui competono le funzioni di cui
agli articoli 16, 20, 21 e 22 della legge 23 dicembre 1978,
n. 833, siano organizzati nel dipartimento di prevenzione,
articolato almeno nei servizi di prevenzione ambientale,
igiene degli alimenti, prevenzione e sicurezza degli
ambienti di lavoro, igiene e sanita’ pubblica, veterinaria
in riferimento alla sanita’ animale, all’igiene e
commercializzazione degli alimenti di origine animale e
all’igiene degli allevamenti e delle produzioni
zootecniche;
t) destinare una quota del Fondo sanitario nazionale
ad attivita’ di ricerca di biomedica finalizzata, alle
attivita’ di ricerca di istituti di rilievo nazionale,
riconosciuti come tali dalla normativa vigente in materia,
dell’Istituto superiore di sanita’ e dell’Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro
(ISPESL), nonche’ ad iniziative centrali previste da leggi
nazionali riguardanti programmi speciali di interesse e
rilievo interregionale o nazionale da trasferire allo stato
di previsione del Ministero della sanita’;
u) allo scopo di garantire la puntuale attuazione
delle misure attribuite alla competenza delle regioni e
delle province autonome, prevedere che in caso di
inadempienza da parte delle medesime di adempimenti
previsti dai decreti legislativi di cui al presente
articolo, il Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro della sanita’, disponga, previa diffida, il
compimento degli atti relativi in sostituzione delle
predette amministrazioni regionali o provinciali;
v) prevedere l’adozione, da parte delle regioni e
delle province autonome, entro il 1° gennaio 1993, del
sistema di lettura ottica delle prescrizioni mediche,
attivando, secondo le modalita’ previste dall’art. 4, comma
4, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, le apposite
commissioni professionali di verifica. Qualora il termine
per l’attivazione del sistema non fosse rispettato, il
Ministro della sanita’, sentito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, attiva i poteri
sostitutivi consentiti dalla legge; ove tale parere non sia
espresso entro trenta giorni il Ministro provvede
direttamente;
z) restano salve le competenze e le attribuzioni
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome
di Trento e di Bolzano.
2. Sono prorogate fino al 31 dicembre 1993 le norme
dell’art. 4, comma 4, della legge 30 dicembre 1991, n. 412,
concernenti l’ammissione nel prontuario terapeutico
nazionale di nuove specialita’ che rappresentino modifiche
di confezione o di composizione o di forma o di dosaggio di
specialita’ gia’ presenti nel prontuario e che comportino
un aumento del costo del ciclo terapeutico.
3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge il Governo trasmette alla
Camera dei deputati e al Senato della Repubblica gli schemi
dei decreti legislativi di cui al comma 1 al fine
dell’espressione del parere da parte delle Commissioni
permanenti competenti per la materia di cui al presente
articolo. Le Commissioni si esprimono entro quindici giorni
dalla data di trasmissione.
4. Disposizioni correttive, nell’ambito dei decreti di
cui al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri
direttivi determinati dal medesimo comma 1 e previo parere
delle Commissioni di cui al comma 3, potranno essere
emanate, con uno o piu’ decreti legislativi, fino al
31 dicembre 1993.».
- Il decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 reca:
«Modificazioni al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502, recante riordino della disciplina in materia
sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992,
n. 421».
- Il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 reca:
«Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario
nazionale, a norma dell’art. 1 della legge 30 novembre
1998, n. 419».
ART. 4.
(Delega al Governo per l’istituzione degli ordini ed albi
professionali).
1. Il Governo e’ delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o piu’ decreti
legislativi al fine di istituire, per le professioni sanitarie di cui
all’articolo 1, comma 1, i relativi ordini professionali, senza nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nel rispetto delle
competenze delle regioni e sulla base dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) trasformare i collegi professionali esistenti in ordini
professionali, salvo quanto previsto alla lettera b) e ferma
restando, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del citato
decreto del Ministro della sanita’ 29 marzo 2001, l’assegnazione
della professione dell’assistente sanitario all’ordine della
prevenzione, prevedendo l’istituzione di un ordine specifico, con
albi separati per ognuna delle professioni previste dalla legge n.
251 del 2000, per ciascuna delle seguenti aree di professioni
sanitarie: area delle professioni infermieristiche; area della
professione ostetrica; area delle professioni della riabilitazione;
area delle professioni tecnico-sanitarie; area delle professioni
tecniche della prevenzione;
b) aggiornare la definizione delle figure professionali da includere
nelle fattispecie di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10
agosto 2000, n. 251, come attualmente disciplinata dal decreto
ministeriale 29 marzo 2001;
c) individuare, in base alla normativa vigente, i titoli che
consentano l’iscrizione agli albi di cui al presente comma;
d) definire, per ciascuna delle professioni di cui al presente comma,
le attivita’ il cui esercizio sia riservato agli iscritti agli ordini
e quelle il cui esercizio sia riservato agli iscritti ai singoli
albi;
e) definire le condizioni e le modalita’ in base alle quali si possa
costituire un unico ordine per due o piu’ delle aree di professioni
sanitarie individuate ai sensi della lettera a);
f) definire le condizioni e le modalita’ in base alle quali si possa
costituire un ordine specifico per una delle professioni sanitarie di
cui al presente comma, nell’ipotesi che il numero degli iscritti al
relativo albo superi le ventimila unita’, facendo salvo, ai fini
dell’esercizio delle attivita’ professionali, il rispetto dei diritti
acquisiti dagli iscritti agli altri albi dell’ordine originario e
prevedendo che gli oneri della costituzione siano a totale carico
degli iscritti al nuovo ordine;
g) prevedere, in relazione al numero degli operatori, l’articolazione
degli ordini a livello provinciale o regionale o nazionale;
h) disciplinare i principi cui si devono attenere gli statuti e i
regolamenti degli ordini neocostituiti;
i) prevedere che le spese di costituzione e di funzionamento degli
ordini ed albi professionali di cui al presente articolo siano poste
a totale carico degli iscritti, mediante la fissazione di adeguate
tariffe;
l) prevedere che, per gli appartenenti agli ordini delle nuove
categorie professionali, restino confermati gli obblighi di
iscrizione alle gestioni previdenziali previsti dalle disposizioni
vigenti.
2. Gli schemi dei decreti legislativi predisposti ai sensi del comma
1, previa acquisizione del parere della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, sono trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione dei
pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per
materia, che sono resi entro quaranta giorni dalla data di
trasmissione. Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in
mancanza dei pareri. Qualora il termine previsto per i pareri dei
competenti organi parlamentari scada nei trenta giorni che precedono
o seguono la scadenza del termine di cui al comma 1, quest’ultimo
s’intende automaticamente prorogato di novanta giorni.
Note all’art. 4:
- Per la legge 10 agosto 2000, n. 251 si vedano in note
all’art. 1.
- Per il decreto del Ministro della sanita’ 29 marzo
2001 si veda in note all’art. 1.
- Gli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000,
n. 251 recano:
«Art. 1 (Professioni sanitarie infermieristiche e
professione sanitaria ostetrica). – 1. Gli operatori delle
professioni sanitarie dell’area delle scienze
infermieristiche e della professione sanitaria ostetrica
svolgono con autonomia professionale attivita’ dirette alla
prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute
individuale e collettiva, espletando le funzioni
individuate dalle norme istitutive dei relativi profili
professionali nonche’ dagli specifici codici deontologici
ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi
dell’assistenza.
2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell’esercizio
delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di
programmazione ed amministrative, la valorizzazione e la
responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle
professioni infermieristico-ostetriche al fine di
contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al
processo di aziendaliz-zazione nel Servizio sanitario
nazionale, all’integrazione dell’organizzazione del lavoro
della sanita’ in Italia con quelle degli altri Stati
dell’Unione europea.
3. Il Ministero della sanita’, previo parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
emana linee guida per:
a) l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della
diretta responsabilita’ e gestione delle attivita’ di
assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;
b) la revisione dell’organizzazione del lavoro,
incentivando modelli di assistenza personalizzata.».
«Art. 2 (Professioni sanitarie riabilitative). – 1. Gli
operatori delle professioni sanitarie dell’area della
riabilitazione svolgono con titolarita’ e autonomia
professionale, nei confronti dei singoli individui e della
collettivita’, attivita’ dirette alla prevenzione, alla
cura, alla riabilitazione e a procedure di valutazione
funzionale, al fine di espletare le competenze proprie
previste dai relativi profili professionali.
2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell’esercizio
delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di
programmazione ed amministrative, lo sviluppo e la
valorizzazione delle funzioni delle professioni sanitarie
dell’area della riabilitazione, al fine di contribuire,
anche attraverso la diretta responsabilizzazione di
funzioni organizzative e didattiche, alla realizzazione del
diritto alla salute del cittadino, al processo di
aziendalizzazione e al miglioramento della qualita’
organizzativa e professionale nel Servizio sanitario
nazionale, con l’obiettivo di una integrazione omogenea con
i servizi sanitari e gli ordinamenti degli altri Stati
dell’Unione europea.».
«Art. 3 (Professioni tecnico-sanitarie).- 1. Gli
operatori delle professioni sanitarie dell’area
tecnico-diagnostica e dell’area tecnico-assistenziale
svolgono, con autonomia professionale, le procedure
tecniche necessarie alla esecuzione di metodiche
diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, ovvero
attivita’ tecnico-assistenziale, in attuazione di quanto
previsto nei regolamenti concernenti l’individuazione delle
figure e dei relativi profili professionali definiti con
decreto del Ministro della sanita’.
2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell’esercizio
delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di
programmazione ed amministrative, lo sviluppo e la
valorizzazione delle funzioni delle professioni sanitarie
dell’area tecnico-sanitaria, al fine di contribuire, anche
attraverso la diretta responsabilizzazione di funzioni
organizzative e didattiche, al diritto alla salute del
cittadino, al processo di aziendalizzazione e al
miglioramento della qualita’ organizzativa e professionale
nel Servizio sanitario nazionale con l’obiettivo di una
integrazione omogenea con i servizi sanitari e gli
ordinamenti degli altri Stati dell’Unione europea.».
«Art. 4 (Professioni tecniche della prevenzione). – 1.
Gli operatori delle professioni tecniche della prevenzione
svolgono con autonomia tecnico-professionale attivita’ di
prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e
sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di
igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene e sanita’
pubblica e veterinaria. Tali attivita’ devono comunque
svolgersi nell’ambito della responsabilita’ derivante dai
profili professionali.
2. I Ministeri della sanita’ e dell’ambiente, previo
parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, emanano linee guida per l’attribuzione in tutte le
aziende sanitarie e nelle agenzie regionali per l’ambiente
della diretta responsabilita’ e gestione delle attivita’ di
competenza delle professioni tecniche della prevenzione.».
ART. 5.
(Individuazione di nuove professioni in ambito sanitario).
1. L’individuazione di nuove professioni sanitarie da ricomprendere
in una delle aree di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10
agosto 2000, n. 251, il cui esercizio deve essere riconosciuto su
tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di
direttive comunitarie ovvero per iniziativa dello Stato o delle
regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di
salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari
regionali, che non trovano rispondenza in professioni gia’
riconosciute.
2. L’individuazione e’ effettuata, nel rispetto dei principi
fondamentali stabiliti dalla presente legge, mediante uno o piu’
accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei ministri.
3. L’individuazione e’ subordinata ad un parere tecnico-scientifico,
espresso da apposite commissioni, operanti nell’ambito del Consiglio
superiore di sanita’, di volta in volta nominate dal Ministero della
salute, alle quali partecipano esperti designati dal Ministero della
salute e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e i
rappresentanti degli ordini delle professioni di cui all’articolo 1,
comma 1, senza oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, la
partecipazione alle suddette commissioni non comporta la
corresponsione di alcuna indennita’ o compenso ne’ rimborso spese.
4. Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale
e l’ambito di attivita’ di ciascuna professione.
5. La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni
avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le
professioni gia’ riconosciute o con le specializzazioni delle stesse.
Note all’art. 5:
- Per gli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto
2000, n. 251, si veda in note all’art. 4.
- L’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse
comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la
Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali) reca:
«Art. 4 (Accordi tra Governo, regioni e province
autonome di Trento e Bolzano). – 1. Governo, regioni e
province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del
principio di leale collabo-razione e nel perseguimento di
obiettivi di funzionalita’, economicita’ ed efficacia
dell’azione amministrativa, possono concludere in sede di
Conferenza Stato-regioni accordi, al fine di coordinare
l’esercizio delle rispettive competenze e svolgere
attivita’ di interesse comune.
2. Gli accordi si perfezionano con l’espressione
dell’assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e
delle province autonome di Trento e di Bolzano.».
ART. 6.
(Istituzione della funzione di coordinamento).
1. In conformita’ all’ordinamento degli studi dei corsi universitari,
disciplinato ai sensi dell’articolo 17, comma 95, della legge 15
maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, il personale
laureato appartenente alle professioni sanitarie di cui all’articolo
1, comma 1, della presente legge, e’ articolato come segue:
a) professionisti in possesso del diploma di laurea o del titolo
universitario conseguito anteriormente all’attivazione dei corsi di
laurea o di diploma ad esso equipollente ai sensi dell’articolo 4
della legge 26 febbraio 1999, n. 42;
b) professionisti coordinatori in possesso del master di primo
livello in management o per le funzioni di coordinamento rilasciato
dall’universita’ ai sensi dell’articolo 3, comma 8, del regolamento
di cui al decreto del Ministro dell’universita’ e della ricerca
scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell’articolo 3,
comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro
dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 22 ottobre 2004, n.
270;
c) professionisti specialisti in possesso del master di primo livello
per le funzioni specialistiche rilasciato dall’universita’ ai sensi
dell’articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del
Ministro dell’universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica 3
novembre 1999, n. 509, e dell’articolo 3, comma 9, del regolamento di
cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della
ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;
d) professionisti dirigenti in possesso della laurea specialistica di
cui al decreto del Ministro dell’universita’ e della ricerca
scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, e che
abbiano esercitato l’attivita’ professionale con rapporto di lavoro
dipendente per almeno cinque anni, oppure ai quali siano stati
conferiti incarichi dirigenziali ai sensi dell’articolo 7 della legge
10 agosto 2000, n. 251, e successive modificazioni.
2. Per i profili delle professioni sanitarie di cui al comma 1 puo’
essere istituita la funzione di coordinamento, senza nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, l’eventuale
conferimento di incarichi di coordinamento ovvero di incarichi
direttivi comporta per le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie
pubbliche interessate, ai sensi dell’articolo 7 della legge 10 agosto
2000, n. 251, l’obbligo contestuale di sopprimere nelle piante
organiche di riferimento un numero di posizioni effettivamente
occupate ed equivalenti sul piano finanziario.
3. I criteri e le modalita’ per l’attivazione della funzione di
coordinamento in tutte le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie
pubbliche e private sono definiti, entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, con apposito accordo, ai
sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
tra il Ministro della salute e le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
4. L’esercizio della funzione di coordinamento e’ espletato da coloro
che siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) master di primo livello in management o per le funzioni di
coordinamento nell’area di appartenenza, rilasciato ai sensi
dell’articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del
Ministro dell’universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica 3
novembre 1999, n. 509, e dell’articolo 3, comma 9, del regolamento di
cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della
ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;
b) esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza.
5. Il certificato di abilitazione alle funzioni direttive
nell’assistenza infermieristica, incluso quello rilasciato in base
alla pregressa normativa, e’ valido per l’esercizio della funzione di
coordinatore.
6. Il coordinamento viene affidato nel rispetto dei profili
professionali, in correlazione agli ambiti ed alle specifiche aree
assistenziali, dipartimentali e territoriali.
7. Le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e
private, nelle aree caratterizzate da una determinata specificita’
assistenziale, ove istituiscano funzioni di coordinamento ai sensi
del comma 2, affidano il coordinamento allo specifico profilo
professionale.
Note all’art. 6:
- Per il comma 95 dell’art. 17 della legge 15 maggio
1997, n. 127, si veda in note all’art. 2.
- L’art. 4 della legge 26 febbraio 1999, n. 42
(Disposizioni in materia di professioni sanitarie) reca:
«Art. 4 (Diplomi conseguiti in base alla normativa
anteriore a quella di attuazione dell’art. 6, comma 3, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni). – 1. Fermo restando quanto previsto dal
decreto-legge 13 settembre 1996, n. 475, convertito, con
modificazioni, dalla legge 5 novembre 1996, n. 573, per le
professioni di cui all’art. 6, comma 3, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni e integrazioni, ai fini dell’esercizio
professionale e dell’accesso alla formazione post-base, i
diplomi e gli attestati conseguiti in base alla precedente
normativa, che abbiano permesso l’iscrizione ai relativi
albi professionali o l’attivita’ professionale in regime di
lavoro dipendente o autonomo o che siano previsti dalla
normativa concorsuale del personale del Servizio sanitario
nazionale o degli altri comparti del settore pubblico, sono
equipollenti ai diplomi universitari di cui al citato art.
6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e
successive modificazioni ed integrazioni, ai fini
dell’esercizio professionale e dell’accesso alla formazione
post-base.
2. Con decreto del Ministro della sanita’, d’intesa con
il Ministro dell’universita’ e della ricerca scientifica e
tecnologica, sono stabiliti, con riferimento alla
iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761,
allo stato giuridico dei dipendenti degli altri comparti
del settore pubblico e privato e alla qualita’ e durata dei
corsi e, se del caso, al possesso di una pluriennale
esperienza professionale, i criteri e le modalita’ per
riconoscere come equivalenti ai diplomi universitari, di
cui all’art. 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del
1992, e 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e
successive modificazioni e integrazioni, ai fini
dell’esercizio professionale e dell’accesso alla formazione
post-base, ulteriori titoli conseguiti conformemente
all’ordinamento in vigore anteriormente all’emanazione dei
decreti di individuazione dei profili professionali. I
criteri e le modalita’ definiti dal decreto di cui al
presente comma possono prevedere anche la partecipazione ad
appositi corsi di riqualificazione professionale, con lo
svolgimento di un esame finale. Le disposizioni previste
dal presente comma non comportano nuovi o maggiori oneri a
carico del bilancio dello Stato ne’ degli enti di cui agli
articoli 25 e 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni.
3. Il decreto di cui al comma 2 e’ emanato, previo
parere delle competenti commissioni parlamentari, entro tre
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. In fase di prima applicazione, il decreto di cui al
comma 2 stabilisce i requisiti per la valutazione dei
titoli di formazione conseguiti presso enti pubblici o
privati, italiani o stranieri, ai fini dell’esercizio
professionale e dell’accesso alla formazione post-base per
i profili professionali di nuova istituzione ai sensi
dell’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modifi-cazioni e integrazioni.».
- Il comma 8 dell’art. 3 del regolamento di cui al
decreto del Ministro dell’universita’ e della ricerca
scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509
(Regolamento recante norme concernenti l’autonomia
didattica degli atenei) reca:
«Art. 3 (Titoli e corsi di studio). (Omissis).
8. Restano ferme le disposizioni di cui all’art. 6
della legge 19 novembre 1990, n. 341, in materia di
formazione finalizzata e di servizi didattici integrativi.
In particolare, in attuazione dell’art. 1, comma 15, della
legge 14 gennaio 1999, n. 4, le universita’ possono
attivare, disciplinandoli nei regolamenti didattici di
ateneo, corsi di perfezionamento scientifico e di alta
formazione permanente e ricorrente, successivi al
conseguimento della laurea o della laurea specialistica,
alla conclusione dei quali sono rilasciati i master
universitari di primo e di secondo livello.».
- Il comma 9 dell’art. 3 del regolamento di cui al
decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e
della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270 (Modifiche al
regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica
degli atenei, approvato con decreto ministeriale 3 novembre
1999, n. 509 del Ministro dell’universita’ e della ricerca
scientifica e tecnologica) reca:
«Art. 3 (Titoli e corsi di studio). – (Omissis).
9. Restano ferme le disposizioni di cui all’art. 6
della legge 19 novembre 1990, n. 341, in materia di
formazione finalizzata e di servizi didattici integrativi.
In particolare, in attuazione dell’art. 1, comma 15, della
legge 14 gennaio 1999, n. 4, le universita’ possono
attivare, disciplinandoli nei regolamenti didattici di
ateneo, corsi di perfezionamento scientifico e di alta
formazione permanente e ricorrente, successivi al
conseguimento della laurea o della laurea magistrale, alla
conclusione dei quali sono rilasciati i master universitari
di primo e di secondo livello.».
- Il decreto del Ministro dell’universita’ e della
ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato
nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 129
del 5 giugno 2001 reca: «Determinazione delle classi delle
lauree specialistiche universitarie delle professioni
sanitarie».
- L’art. 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251 e
successive modificazioni reca:
«Art. 7 (Disposizioni transitorie). – 1. Al fine di
migliorare l’assistenza e per la qualificazione delle
risorse le aziende sanitarie possono istituire il servizio
dell’assistenza infermieristica ed ostetrica e possono
attribuire l’incarico di dirigente del medesimo servizio.
Fino alla data del compimento dei corsi universitari di di
durata triennale rinnovabile, e’ regolato da contratti a
tempo determinato, da stipulare, nel limite numerico
indicato dall’art. 15-septies, comma 2, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall’art.
13 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, dal
direttore generale con un appartenente alle professioni di
cui all’art. 1 della presente legge, attraverso idonea
procedura selettiva tra i candidati in possesso di
requisiti di esperienza e qualificazione professionale
predeterminati. Gli incarichi di cui al presente
articolo comportano l’obbligo per l’azienda di sopprimere
un numero pari di posti di dirigente sanitario nella
dotazione organica definita ai sensi della normativa
vigente. Per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche
si applicano le disposizioni del comma 4 del citato art.
15-septies. Con specifico atto d’indirizzo del Comitato di
settore per il comparto sanita’ sono emanate le direttive
all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) per la definizione, nell’ambito del
Contratto collettivo nazionale dell’area della dirigenza
dei ruoli sanitario, amministrativo, tecnico e
professionale del Servizio sanitario nazionale, del
trattamento economico dei dirigenti nominati ai sensi del
presente comma nonche’ delle modalita’ di conferimento,
revoca e verifica dell’incarico.
2. Le aziende sanitarie possono conferire incarichi di
dirigente, con modalita’ analoghe a quelle previste al
comma 1, per le professioni sanitarie di cui alla legge
26 febbraio 1999, n. 42, e per la professione di assistente
sociale, nelle regioni nelle quali sono emanate norme per
l’attribuzione della funzione di direzione relativa alle
attivita’ della specifica area professionale.
3. La legge regionale che disciplina l’attivita’ e la
composizione del Collegio di direzione di cui all’art. 17
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni, prevede la partecipazione al
medesimo Collegio dei dirigenti aziendali di cui ai commi 1
e 2 del presente articolo.».
- Per l’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281 si veda in note all’art. 5.
ART. 7.
(Disposizioni finali).
1. Alle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica,
riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione gia’
riconosciute alla data di entrata in vigore della presente legge
continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nelle rispettive
fonti di riconoscimento, salvo quanto previsto dalla presente legge.
2. Con il medesimo procedimento di cui all’articolo 6, comma 3, della
presente legge, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
previa acquisizione del parere degli ordini professionali delle
professioni interessate, si puo’ procedere ad integrazioni delle
professioni riconosciute ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni.
3. La presente legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi’ 1° febbraio 2006
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del
Consiglio dei Ministri
Visto, il Guardasigilli: Castelli
LAVORI PREPARATORI
Senato della Repubblica (atto n. 1645):
Presentato dall’on. Tomassini il 25 luglio 2002.
Assegnato alla 12ª commissione (Igiene e sanita), in
sede referente, il 17 settembre 2002 con pareri delle
commissioni 1ª, 5ª, 7ª, 9ª, e parlamentare per le questioni
regionali.
Esaminato dalla 12ª commissione il 22 luglio 2003;
28 aprile 2004; 11 maggio 2004; 15 febbraio 2005; 16 marzo
2005; 12 aprile 2005; 4 e 11 maggio 2005; 21 e 28 giugno
2005.
Esaminato in aula il 9 febbraio 2005; e approvato in un
Testo unificato con i nn. A.S. 1928 (Tomassini); A.S. 2159
(Bettoni ed altri) ed A.S. 3236 (d’iniziativa del Ministro
della salute Sirchia).
Camera dei deputati (atto n. 6229):
Assegnato alla XII commissione (Affari sociali), in
sede referente, il 21 dicembre 2005 con pareri delle
commissioni I, II, V, VII, XIV e parlamentare per le
questioni regionali.
Esaminato dalla XII commissione il 12-17 e 18 gennaio
2006.
Esaminato in aula il 23 gennaio 2006 e approvato il
24 gennaio 2006.